Intervista con il regista Stefano pinto.

Stefano Pinto ha già nel suo cognome il desiderio della pittura. Come dinnazi ad una tela il suo approccio alla cinepresa è di grande intensità e rispetto.  La modernità della sua regia incontra la strada maestra della tradizione filmica. La sensibilità del regista è al servizio del Ciak. Eleganza e stile incontrano il colore, lo sguardo e le emozioni.  L' artista sa trasformare la realtà in immagini ed imprimerle per sempre nel tempo. Il suo è un inseguimento perenne con la vita. Ed in questo continuo rincorrersi nascono lavori di grande fattura che rendono bene l'idea di un regista che con il suo gusto ha tantissimo da raccontare di questo nostro inafferrabile esistere.


               Come si incontrano realtà e fantasia nel tuo cinema ?
In realtà vorrei poter rispondere che il bello sarebbe non farle incontrare, in modo da tenerci la fantasia come strumento per godere soltanto di un immaginario nostro puro, che provenga dalle nostri fonti d’ispirazione , senza intaccarla da bombardamenti esterni, può essere un' immagine, una canzone, un'] emozione e uscire perciò fuori dagli schemi della vita reale, ma in fondo attraverso la realtà di un episodio si trova allo stesso tempo un mondo d’ispirazione pazzesco che ci consente poi di raccontare una storia a modo nostro e condurre lo spettatore a uno stato d’animo che vogliamo, per cui per concludere direi che esiste un interdipendenza tra loro.

Immagina di dover girare un corto in cui il protagonista è un sasso. Come ti piacerebbe raccontare quel sasso ?
Nel mio immaginario il sasso rappresenta qualcosa di stabile, di forte, di solido, quindi metaforicamente parlando mi riporta in un contesto meditativo, un mondo zen come ad esempio i giardini . Lo racconterei come se fosse un pezzo di montagna che e’ stato staccato e donato a qualcuno come simbolo di forza da cui prendere spunto, qualcuno che in quel momento sta passando una sofferenza interiore e porta appresso con se in ogni istante questo sasso,  per ricordarsi di essere forte alle avversità della vita, potente e maestoso  come un pezzo di montagna dalla quale e’ stato staccato ma ricordandosi di conservare l’attenzione e la sensibilità perché basta un piccolo scontro per frantumarsi in mille pezzi. Qui subentrerebbe un senso di consapevolezza nell’accettare una paura o una debolezza e di conseguenza accoglierla senza contrastarla.



Com' è il tuo rapporto con il colore nei lavori che portano la tua firma ?
I colori sono fondamentali nell’espressione artistica . La psicologia cromatica ormai  influenza gli stati d' animo delle persone. Viene utilizzata ovunque come ad esempio nell' ambito del marketing. Anche nell’audiovisivo  amplificano stati d’animo e sensazioni perché in fondo il cinema e’ questo raccontare una storia e far immedesimare lo spettatore. Proprio di recente analizzavo uno dei miei registi preferiti ,Wes Anderson, il quale rimanendo sempre in tema colore cura in maniera quasi psicopatica ogni scena , dai muri della location al look dei personaggi. Non tutti i registi lo fanno ma e’ un grande dettaglio se vuoi manipolare le emozioni del pubblico.

Ci sono emozioni più facili da catturare con la cinepresa ed altre invece più sfuggenti ? Quando non riesci ad ottenere da una scena un' idea ben precisa che hai in testa, come gestisci la tua insoddisfazione ?
Dipende sempre dal tipo di lavoro che si fa, se parliamo di spot commerciale, di videoclip musicali o di cinema. Se un giorno avrò la possibilità di girare un mio film sicuramente ti saprò rispondere. Se può essere una risposta, una volta montato il lavoro passo una fase di entusiasmo. Come il lavoro esce mi sento sempre insoddisfatto e mi rimprovero che forse avrei potuto fare di meglio. E’ sempre cosi!


Come racconteresti il tuo modo di lavorare con le immagini e l' immaginazione ?
Sono una persona innamorata del proprio mestiere e mi sveglio felice. Prendo spunto da qualunque cosa. A volte sono per strada e se mi viene in mente una situazione me l ‘appunto per non perdere l ‘idea pur non sapendo il senso di tutto cio’ e dove potrebbe essere collocata, ma in fondo considero sempre un tridente indivisibile composto da stato d’animo, fantasia e per ultima l’immagine. Ma nel commerciale non sempre puoi farlo perché devi assecondare il cliente che a volte chiede cose assurde e senza alcun senso e allora parte la frustrazione . Ci sono le volte in cui invece vai sul set e giri, senza sapere nulla e a quel punto o fai delle grandi cagate  o porti a casa il risultato come dice Rene’ Ferretti nella serie Boris!

Quali sono i generi cinematografici con i quali ti piace lavorare di più ?
Sono un nostalgico, per cui anni 80 tutta la vita. Quel cinema e’ stupendo, raccontava davvero qualcosa in modo magico. Ma amo anche il cinema neorealista italiano, il cinema nord europeo , fatto di grandi silenzi, di rumori ambientali, con la camera spesso fissa nonostante io sia uno abbastanza dinamico nei miei lavori, spesso con colonne sonore quasi assenti. Amo il cinema asiatico in generale sempre molto imponente a livello visivo e molto piu’ profondo nella ricerca dei personaggi. Mi commuovo con gli anime dello Studio Ghibli. Amo Tarantino e i suoi feticismi e poi il grande Wes Anderson. Forse mi piacciano troppe cose!

                        

In uno spot pubblicitario vende di più la modella o il prodotto ?
Ormai il prodotto nemmeno lo si usa negli spot, basta guardare due dei piu’ importanti brand a livello mondiale Coca Cola e Nike. Lo spot ha una sua trama che segue la storia in maniera quasi indipendente,si lavora sempre sull' emozione e sulla motivazione.

Se tu venissi condannato al girone dei Mangia-Cinema, quale film sceglieresti da guardare all' infinito ?
"Ritorno al Futuro" senza dubbio. Ce l’ho anche tatuato addosso. Un finto film di fantascienza ma con un profondo impatto umano dei personaggi. Ma mi fermo qui perché si potrebbero aprire conversazioni infinite a causa della mia esaltazione per questo capolavoro del cinema.



intervista a cura di Salvatore Costante

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